Monday, March 31, 2014

Drucker sull'invenzione dello Stato Moderno

Come il pesce che neanche si rende conto dell’esistenza dell’acqua, pensiamo che lo Stato come lo conosciamo sia una realtà eterna e senza alternative. In realtà è un’invenzione storica abbastanza recente: ha radici nel 1500, ma la sua forma attuale ha solo una sessantina d’anni, quelli che ci separano dalla Seconda Guerra Mondiale.

Alla sua storia Drucker - l’inventore del management come scienza - dedica un capitolo nel suo Post Capitalist Society. Non ho mai incontrato una sintesi così chiara nell’identificare gli snodi essenziali: ne faccio qui il bignamino per frettolosi, traducendo i passaggi salienti (traduzione e sottolineature mie: non ho la versione italiana, le pagine si riferiscono alla Kindle Edition).

Drucker poi procede mostrando come questa forma di governo vada in crisi nella “knowledge society”, non riporto questa parte per non abusare della pazienza dei miei 25 lettori.
Rimando all’originale, ché ne vale la pena: il mio parere (per quel che vale) è che è una lettura che non può mancare a chi vuole capire il mondo d'oggi.

Ma basta Gaved, ora, e spazio a Drucker.

Dallo Stato-Nazione al Megastato
L’impero Spagnolo nelle Americhe produceva tanto oro e argento che la Spagna, sotto Filippo II, riuscì a finanziare il primo esercito permanente dai tempi delle legioni Romane: la Fanteria Spagnola - che si potrebbe definire la prima organizzazione “moderna” - e con questa forza la Spagna lanciò la sua campagna per il dominio europeo. Contrastare questa minaccia divenne la spinta e l’obbiettivo dell’inventore dello Stato-Nazione, il giurista francese Jean Bodin, nel suo “I Sei Libri della Repubblica” che fu pubblicato nel 1576.
Solo l’imponenza della minaccia spagnola fece accettare le raccomandazioni di Bodin: alla fine del sedicesimo secolo il suo modello di Stato-Nazione appariva come pura fantasia. Quello che raccomandava era una burocrazia controllata centralmente che rispondesse solo al Re, controllo centralizzato della forza militare e un esercito guidato da soldati di professione designati dal governo centrale e che solo ad esso dovevano rispondere, controllo centralizzato della moneta, delle tasse e delle dogane, l’amministrazione della giustizia comandata dal centro piuttosto che da corti composte dai magnati locali. Tutto questo era l’esatto opposto di ciò che era esistito per un migliaio d’anni, cioè dal collasso dell’impero romano e minacciava i poteri stabiliti: una Chiesa autonoma con vescovadi e abbazie e le loro esenzioni, signori locali di ogni dimensione, ognuno con la sua compagnia di armati che solo a lui doveva fedeltà, ognuno con la sua giurisdizione ed il suo potere di imporre tasse; città libere e associazioni commerciali autonome; e molti altri … (pp. 115-116)
Nei 400 anni che ci separano da Bodin, lo Stato-Nazione è diventato l’unico organo di potere politico e durante gli ultimi 200 anni, dalla Rivoluzione Francese, è anche diventato il portatore della religione secolare: la fede nella liberazione attraverso la società. Di fatto il totalitarismo - Comunista come Nazista - è stato l’ultimo distillato ed apoteosi della dotrina dello Stato-Nazione sovrano come l’unico e solo organo di potere. Teoria politica e legge costituzionale conoscono solo lo stato sovrano, e negli ultimi cent’anni questo stato è diventato sempre più potente e dominante, mutandosi in un “megastato”. (p. 10)

Le dimensioni del Megastato
Nel 1870 lo Stato-Nazione aveva trionfato ovunque; persino l’Austria era diventata Austria-Ungheria, una federazione di due stati-nazione, e gli stati-nazione del 1870 apparivano ed agivano esattamente come li aveva inventati Bodin tre secoli prima.
Ma lo stato-nazione del 1970, cent’anni dopo, ha ben poca somiglianza con lo stato di Bodin o lo stato-nazione del 1870: si è trasformato nel Megastato. La specie può essere la stessa del progenitore, ma tanto differente come una pantera da un gattino. Lo stato nazionale era stato progettato per essere il guardiano della societò civile: il Megastato ne è diventato il padrone, e nella sua estrema forma totalitaria ha rimpiazzato completamente la società civile. Il Megastato, anche nella sua forma anglosassone meno estrema, considera la proprietà del cittadino un diritto alla discrezione dell’esattore delle tasse. Come ha evidenziato per primo Schumpeter (Lo stato fiscale, 1918), il Megastato afferma che i cittadini hanno diritto solo a quello che lo Stato, in modo esplicito o tacito, permette loro di avere. Lo stato nazionale di Bodin aveva come sua principale funzione il mantenimento della società civile, specialmente in periodo di guerra. Il Megastato ha sfumato le distinzioni tra tempo di guerra e tempo di pace: invece della pace c’è la Guerra Fredda. (p. 121)

Lo stato balia
Questo passaggio cominciò negli ultimi decenni dell’Ottocento con l’invenzione del Welfare State da parte di Bismarck.
Il governo era finora stato percepito come un agente politico: Bismarck ne fece una agenzia sociale. Nelle democrazie, i governi offrivano solamente assicurazioni o, al massimo, pagamenti di prestazioni, ma non facevano lavoro sociale né forzavano i cittadini a pagare per la previdenza o la pensione. Tutto questo cambiò rapidamente dopo la seconda guerra mondiale: da garante, lo Stato diventò un gestore. Ospedali e cure mediche furono poste sotto il monopolio statale, le persone che vi lavoravano diventarono dipendenti statali e lo stato cominciò a gestire il sistema sanitario.
Il governo cessò di essere quello che definiva le regole, il facilitatore, l’assicuratore, il pagatore, diventò l’esecutore ed il manager. Nel 1960 era già dottrina generale e accettata in tutti i paesi occidentali che il governo fosse l’ente corretto per prendersi cura di tutti i problemi sociali. Di fatto, l’attività privata, non statale, nella sfera sociale diventò addirittura sospetta.

Il Megastato come padrone dell'economia
Per la fine dell’Ottocento lo stato-nazione era stato trasformato in un agente fondamentale dell’economia. La Grande Depressione fece sorgere la convinzione che lo stato fosse - e dovesse essere - il controllore del clima economico. John Maynard Keynes (1883-1946) sostenne per primo che l’economia nazionale - per lo meno in paesi medio-grandi - è isolata da quella mondiale e che possa essere completamente determinata dai governi attraverso la loro spesa.

Lo stato fiscale
Le due guerre mondiali di questo secolo trasformarono lo stato-nazione nello “stato fiscale”. Fino alla prima guerra nessun governo nella storia fu mai in grado - anche in tempo di guerra - di estrarre dalla popolazione più che una piccola parte dei suoi redditi, forse il 5-6%, ma nella prima guerra mondiale ogni belligerante, perfino il più povero, scoprì che non c’era praticamente limite a quello che lo stato può spremere dal suo popolo.
Gli stati sono giunti a credere che possono spendere o chiedere in prestito quanto vogliano e che, perciò, non ci siano limiti alla spesa. In questo nuovo sistema il governo diventa il reggitore della società civile, capace di plasmarla e di darle forma: in primo luogo, attraverso tasse e spese lo stato può ridistribuire i redditi della società, poi, col potere del portafoglio, può formare la società secondo l’immagine del politico al potere. Diventa troppo facile infine concepire la totalità del reddito nazionale come proprietà dello Stato, con gli individui aventi diritto solo a quanto il governo decida di lasciar loro.

Lo stato nella guerra fredda
L’ultima mutazione che creò il Megastato, lo stato della Guerra Fredda, fu una risposta alla tecnologia.
La sua origine risiede nella decisione tedesca, negli anni 1890, di costruire una grande flotta militare in tempo di pace. Con questo si ebbe l’inizio della corsa agli armamenti. I Tedeschi sapevano di prendersi un rischio politico enorme; di fatto, molti dei politici tedeschi resistettero alla decisione, ma gli ammiragli erano convinti che la tecnologia non lasciava loro alternativa: una marina moderna implicava navi di acciaio, che dovevano essere costruite in tempo di pace. Rinviare la costruzione all’inizio del conflitto, come era tradizione, avrebbe significato aspettare troppo.

Negli anni ’60, il Megastato era diventato una realtà politica in tutte i paesi sviluppati, in tutti i suoi aspetti: come agenzia sociale, come padrone dell’economia, e - nella maggior parte dei casi - come stato di “Guerra Fredda”.
In termini di libertà politica, intellettuale e religiosa, i paesi totalitari (in particolare quelli stalinisti) e le democrazie (che per molti anni coincidettero primariamente con i paesi anglofoni) erano totalmente antitetici, ma in termini di concezione del potere differivano più in grado che in natura. Le democrazie facevano le cose in modo diverso: differivano molto meno rispetto a cosa dovesse essere fatto. Tutte vedevano lo stato come il padrone della società e dell’economia, e tutti definivano la pace come “Guerra Fredda”. (p.127)



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