Tuesday, May 28, 2013

Pagare per farsi terminare

Ho appena finito di leggere "God and Man at Yale", un libro praticamente sconosciuto in Italia ma che è uno dei testi che ha iniziato il nuovo conservatorismo USA, il movimento culturale che avrebbe poi portato Reagan alla presidenza nel 1981.
William Buckley lo scrive appena uscito da Yale, argomentando che:
- Yale spinge i suoi alunni a posizioni atee o agnostiche in campo religioso, e collettiviste in campo economico;
- gli ex-allievi della scuola, che ne sono i principali finanziatori, non sono allineati con quelle posizioni e non gli è data la possibilità di dettare le linee educative di Yale;
- la libertà accademica vale nel campo della ricerca; nell'educazione si deve proporre il sistema di valori di chi paga per l'educazione stessa.
Buckley appoggia le sue tesi con un'analisi quasi pignola dei fatti, per esempio esaminando uno ad uno i testi dei principali corsi di Yale e gli insegnamenti dei vari professori - citati per nome -, e con un'argomentazione lucida e razionale (mi rimane impresso come dimostra che qualunque scuola ha e non può che avere la sua "ortodossia", punendo con l'esclusione chi non si conforma).

Il libro generò una notevole controversia, e portò Buckley alla notorietà.

Cosa mi ha impressionato?
- quanto fosse "forte" il cristianesimo da un punto di vista sociale: nel discorso inaugurale del 1937, il rettore richiama tutti i membri della facoltà "a riconoscere liberamente la tremenda validità e potere degli insegnamenti di Cristo nella nostra lotta mortale contro le forze del materialismo egoista";
- quanto fosse forte la contrapposizione USA/URSS/comunismo (Buckley negli anni successivi difese McCarthy);
- quanto erano statalisti a Yale e quanto keynesiani, NewDealers e comunisti fossero vicini: da uno dei libri di testo di Economia 1 "Il diritto di una persona di cominciare un'impresa non è tra i diritti fondamentali ... E' un diritto al quale solo un quinto della nostra forza lavoro si trova capace e interessata." Con la stessa logica, urge Buckley, dato che pochi danno discorsi pubblici e fondano giornali, anche la libertà di espressione e stampa sarebbe secondaria.

Ma soprattutto mi ha colpito l'analogia con la situazione italiana, in cui per decenni la popolazione (in stragrande maggioranza cattolica) ha dovuto finanziare con le sue tasse una scuola pubblica usata per distruggere la tradizione di chi la paga.
Come diceva Bobbio: “nella società italiana, dove la religione cattolica è predominante, la libertà della scuola non può avere altra conseguenza, come del resto è avvenuto sinora, che la istituzione quasi esclusiva di scuole cattoliche. Pertanto la libertà nella scuola può essere garantita soltanto nelle scuole di Stato” (La Stampa, 11 marzo 1986).